7 resultados para 504 - Ciències del medi ambient

em AMS Tesi di Laurea - Alm@DL - Università di Bologna


Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Le aree costiere hanno un ruolo fondamentale nello sviluppo economico, sociale e politico della maggior parte dei paesi; esse supportano infatti diversi ecosistemi produttivi che rendono disponibili beni e servizi. L'importanza economica delle aree costiere è destinata a una considerevole crescita a causa del costante aumento delle popolazioni, delle industrie e delle attività  ricreazionali che si concentrano sempre di più sulle coste e ciò può provocare un'alterazione delle linee di costa, imputabile a più fattori e un deterioramento delle condizioni naturali. E' necessario anche tenere da conto dei processi erosivi, sia imputabili a cause naturali (correnti oceaniche, movimenti di marea; azione del vento) sia a cause antropiche (subsidenza del terreno indotta dall'uomo, dragaggio al largo, riduzione del rifornimento di sedimento dai fiumi, distruzione di letti algali, paludi e dune sabbiose). A questo panorama va poi aggiunto il problema dell'innalzamento del livello del mare e dell'aumento delle frequenze di tempeste, come conseguenza del cambiamento climatico globale. In questo contesto quindi, le strutture rigide di difesa contro l'erosione e le mareggiate sono diventate molto comuni nelle aree costiere, coinvolgendo in alcune regioni più della metà della linea di costa. Il meccanismo di difesa attuato dalle barriere consiste nel provocare una riduzione dell'energia delle onde e conseguentemente in una limitazione della quantità di sedimento che viene da loro rimosso dalla spiaggia. La presenza di strutture rigide di difesa generalmente comporta una perdita di habitat di fondale molle e, a causa delle variazioni idrodinamiche che la loro presenza comporta, anche delle comunità ad esso associate, sia su scala locale, che su scala regionale. Uno dei problemi che tali strutture possono indurre è l'eccessiva deposizione di detrito prodotto dalle specie che si insediano sul substrato duro artificiale, che normalmente non fanno parte delle comunità "naturali" di fondo molle circostanti le strutture. Lo scopo di questo studio è stato quello di cercare di evidenziare gli effetti che la deposizione di tale detrito potesse avere sulle comunita meiobentoniche di fondale molle. A tale fine è stata campionata un'area antistante la località di Lido di Dante (RA), la quale è protetta dal 1996 da una struttura artificiale, per fronteggiare il problema dell'erosione della zona, in aumento negli ultimi decenni. La struttura è costituita da una barriera semisoffolta e tre pennelli, di cui uno completamente collegato alla barriera. A circa 50 m dalla barriera, e alla profondità di 4 m circa, è stato allestito un esperimento manipolativo in cui è stato valutato l'effetto della deposizione delle due specie dominanti colonizzanti la barriera, Ulva sp. e Mitili sp. sull'ambiente bentonico, e in particolare sulla comunità  di meiofauna. Ulva e Mitili sono stati posti in sacche di rete che sono state depositate sul fondo al fine di simulare la deposizione naturale di detrito, e tali sacche hanno costituito i trattamenti dell'esperimento, i quali sono stati confrontati con un Controllo, costituito da sedimento non manipolato, e un Controllo Procedurale, costituito da una sacca vuota. Il campionamento è stato fatto in tre occasioni nel giugno 2009 (dopo 2 giorni, dopo 7 giorni e dopo 21 giorni dall'allestimento dell'esperimento) per seguire la dinamica temporale degli effetti del detrito. Per ogni combinazione tempo/trattamento sono state prelevate 4 repliche, per un totale di 48 campioni. Successivamente sono stati prelevati ulteriori campioni di meiofauna in condizioni naturali. In particolare sono stati raccolti in due Posizioni diverse, all'Interno e all'Esterno del pennello posto più a Sud, e su due substrati differenti, rispettivamente Ulva proveniente dalle barriere e sedimento privo di detrito. Per ogni combinazione Posizione/Substrato sono state prelevate 3 repliche, ottenendo un totale di 12 campioni. Tutti i campioni prelevati sono stati poi trattati in laboratorio tramite la procedura di filtratura, pulizia e centrifuga indicata dal protocollo. A questa fase è seguito il sorting al microscopio, durante il quale la meiofauna è stata identificata ed enumerata a livello di taxa maggiori. Per quanto riguarda il taxon più abbondante, quello dei Nematodi, si è proceduto anche all'analisi della distribuzione della biomassa per classi di taglia, in quanto descrittore funzionale delle comunità. Per la costruzione degli spettri di biomassa per classi di taglia sono state misurate la lunghezza e larghezza dei primi 100 Nematodi presenti nei campioni. A partire da tali valori dimensionali è stata calcolata la biomassa di ogni individuo, usata poi per la costruzione dei size spectra, tramite tre metodiche messe a confronto: "Nematode Biomass Spectra" (NBS), "Normalised Nematode Biomass Spectra"(NNBS), "Mean Cumulative Biomass Spectra" (MC-NBS). Successivamente la composizione e la struttura della comunità meiobentonica, in termini di consistenza numerica e di rapporti reciproci di densità degli organismi che la compongono e variabili dimensionali, sono state analizzate mediante tecniche di analisi univariate e multivariate. Ciò che emerge generalmente dai risultati dell'esperimento è la mancanza di interazione significativa tra i due fattori, tempi e trattamenti, mentre sono risultati significativi i due fattori principali, considerati singolarmente. Tali esiti sono probabilmente imputabili all'elevata variabilità fra campioni dei trattamenti e delle patches di controllo. Nonostante ciò l'analisi dei risultati ottenuti permette di effettuare alcune considerazioni interessanti. L'analisi univariata ha mostrato che nel confronto tra trattamenti non ci sono differenze significative nel numero medio di taxa rinvenuti, mentre il livello di diversità e di equidistribuzione degli individui nei taxa differisce in maniera significativa, indicando che la struttura delle comunità varia in funzione dei trattamenti e non in funzione del tempo. Nel trattamento Ulva si osservano le densità più elevate della meiofauna totale imputabile prevalentemente alla densità dei Nematodi. Tuttavia, i valori di diversità e di equiripartizione non sono risultati più elevati nei campioni di Ulva, bensì in quelli di Mitili. Tale differenza potrebbe essere imputabile all'inferiorità numerica dei Nematodi nei campioni di Mitili. Questo andamento è stato giustificato dai differenti tempi di degradazione di Mitili e Ulva posti nelle sacche durante l'esperimento, dai quali emerge una più rapida degradazione di Ulva; inoltre la dimensione ridotta della patch analizzata, i limitati tempi di permanenza fanno sì che l'Ulva non rappresenti un fattore di disturbo per la comunità analizzata. Basandosi su questo concetto risulta dunque difficile spiegare l'inferiorità numerica dei Nematodi nei campioni del trattamento Mitili, in quanto i tempi di degradazione durante l'esperimento sono risultati più lenti, ma è anche vero che è nota l'elevata resistenza dei Nematodi ai fenomeni di ipossia/anossia creata da fenomeni di arricchimento organico. E' possibile però ipotizzare che la presenza delle valve dei Mitili aumenti la complessità dell'habitat e favorisca la colonizzazione da parte di più specie, tra cui specie predatrici. Tale effetto di predazione potrebbe provocare la riduzione dell'abbondanza media dei Nematodi rispetto a Ulva e al Controllo, in quanto i Nematodi costituiscono circa l'85% della meiofauna totale rinvenuta nei campioni. A tale riduzione numerica, però, non corrisponde un decremento dei valori medi di biomassa rilevati, probabilmente a causa del fatto che l'arricchimento organico dovuto ai Mitili stessi favorisca la permanenza degli individui più facilmente adattabili a tali condizioni e di dimensioni maggiori, oppure, la colonizzazione in tempi successivi delle patches a Mitili da parte di individui più grandi. Anche i risultati dell'analisi multivariata sono in accordo con quanto rilevato dall'analisi univariata. Oltre alle differenze tra tempi si evidenzia anche un'evoluzione della comunità nel tempo, in particolar modo dopo 7 giorni dall'allestimento dell'esperimento, quando si registrano il maggior numero di individui meiobentonici e il maggior numero di taxa presenti. Il taxon che ha risentito maggiormente dell'influenza dei tempi è quello degli Anfipodi, con densità maggiori nei campioni prelevati al secondo tempo e sul trattamento Ulva. E'importante considerare questo aspetto in quanto gli Anfipodi sono animali che comprendono alcune specie detritivore e altre carnivore; le loro abitudini detritivore potrebbero quindi aumentare il consumo e la degradazione di Ulva, spiegando anche la loro abbondanza maggiore all'interno di questo trattamento, mentre le specie carnivore potrebbero concorrere al decremento del numero medio di Nematodi nei Mitili. Un risultato inatteso della sperimentazione riguarda l'assenza di differenze significative tra trattamenti e controlli, come invece era lecito aspettarsi. Risultati maggiormente significativi sono emersi dall'analisi del confronto tra sedimento privo di detrito e sedimento contenente Ulva provenienti dal contesto naturale. Relativamente all'area esterna alla barriera, sono stati confrontati sedimento privo di detrito e quello sottostante l'Ulva, nelle condizioni sperimentali e naturali. Globalmente notiamo che all'esterno della barriera gli indici univariati, le densità totali di meiofauna, di Nematodi e il numero di taxa, si comportano in maniera analoga nelle condizioni sperimentali e naturali, riportando valori medi maggiori nei campioni prelevati sotto l'Ulva, rispetto a quelli del sedimento privo di detrito. Differente appare invece l'andamento delle variabili e degli indici suddetti riguardanti i campioni prelevati nell'area racchiusa all'interno della barriera, dove invece i valori medi maggiori si rilevano nei campioni prelevati nel sedimento privo di detrito. Tali risultati possono essere spiegati dall'alterazione dell'idrodinamismo esercitato dalla barriera, il quale provoca maggiori tempi di residenza del detrito con conseguente arricchimento di materia organica nell'area interna alla barriera. Le comunità dei sedimenti di quest'area saranno quindi adattate a tale condizioni, ma la deposizione di Ulva in un contesto simile può aggravare la situazione comportando la riduzione delle abbondanze medie dei Nematodi e degli altri organismi meiobentonici sopracitata. Per quel che riguarda i size spectra la tecnica che illustra i risultati in maniera più evidente è quella dei Nematode Biomass Spectra. I risultati statistici fornitici dai campioni dell'esperimento, non evidenziano effetti significativi dei trattamenti, ma a livello visivo, l'osservazione dei grafici evidenzia valori medi di biomassa maggiori nei Nematodi rilevati sui Mitili rispetto a quelli rilevati su Ulva. Differenze significative si rilevano invece a livello dei tempi: a 21 giorni dall'allestimento dell'esperimento infatti, le biomasse dei Nematodi misurati sono più elevate. Relativamente invece ai size spectra costruiti per l'ambiente naturale, mostrano andamento e forma completamente diversi e con differenze significative tra l'interno e l'esterno della barriera; sembra infatti che la biomassa nella zona interna sia inibita, portando a densità maggiori di Nematodi, ma di dimensioni minori. All'esterno della barriera troviamo invece una situazione differente tra i due substrati. Nel sedimento prelevato sotto l'Ulva sembra infatti che siano prevalenti le classi dimensionali maggiori, probabilmente a causa del fatto che l'Ulva tende a soffocare le specie detritivore, permettendo la sopravvivenza delle specie più grosse, composte da predatori poco specializzati, i quali si cibano degli organismi presenti sull'Ulva stessa. Nel sedimento privo di detrito, invece, la distribuzione all'interno delle classi segue un andamento completamente diverso, mostrando una forma del size spectra più regolare. In base a questo si può ipotizzare che la risposta a questo andamento sia da relazionarsi alla capacità di movimento dei Nematodi: a causa della loro conformazione muscolare i Nematodi interstiziali di dimensioni minori sono facilitati nel movimento in un substrato con spazi interstiziali ridotti, come sono nel sedimento sabbioso, invece Nematodi di dimensioni maggiori sono più facilitati in sedimenti con spazi interstiziali maggiori, come l'Ulva. Globalmente si evidenzia una risposta della comunità  bentonica all'incremento di detrito proveniente dalla struttura rigida artificiale, ma la risposta dipende dal tipo di detrito e dai tempi di residenza del detrito stesso, a loro volta influenzati dal livello di alterazione del regime idrodinamico che la struttura comporta. Si evince inoltre come dal punto di vista metodologico, le analisi univariate, multivariate e dei size spectra riescano a porre l'accento su diverse caratteristiche strutturali e funzionali della comunità. Rimane comunque il fatto che nonostante la comunità scientifica stia studiando metodiche "taxonomic free" emerge che, se da un lato queste possono risultare utili, dall'altro, per meglio comprendere l'evoluzione di comunità, è necessaria un'analisi più specifica che punti all'identificazione almeno delle principali famiglie. E'importante infine considerare che l'effetto riscontrato in questo studio potrebbe diventare particolarmente significativo nel momento in cui venisse esteso alle centinaia di km di strutture artificiali che caratterizzano ormai la maggior parte delle coste, la cui gestione dovrebbe tenere conto non soltanto delle esigenze economico-turistiche, e non dovrebbe prescindere dalla conoscenza del contesto ambientale in cui si inseriscono, in quanto, affiancati a conseguenze generali di tali costruzioni, si incontrano molti effetti sitospecifici.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Negli ultimi anni si è sviluppata una forte sensibilità nei confronti del rischio che il dissesto idrogeologico comporta per il territorio, soprattutto in un paese come il nostro, densamente abitato e geologicamente fragile. Il rischio idrogeologico In Italia infatti è diffuso in modo capillare e si presenta in modo differente a seconda dell’assetto geomorfologico del territorio. Tra i fattori naturali che predispongono il nostro territorio a frane ed alluvioni, rientra la conformazione geologica e geomorfologica, caratterizzata da un’orografia giovane e da rilievi in via di sollevamento. A seguito del verificarsi di una serie di eventi calamitosi (Piemonte 1994, Campania 1998 e 1999, Sovereto 2000, Alpi centrali 2000 e 2002) sono state emanate leggi specifiche finalizzate all’individuazione e all’applicazione di norme, volte a prevenire e contenere i gravi effetti derivanti dai fenomeni di dissesto. Si fa riferimento in particolare, alle leggi n°267 del 3/08/1998 e 365/2000 che hanno integrato la legge 183/1989. In questo modo gli enti territoriali (Regioni, Autorità di bacino) sono stati obbligati a predisporre una adeguata cartografia con perimetrazione delle aree a differente pericolosità e rischio. Parallelamente continuano ad essere intrapresi, promossi e finanziati numerosi studi scientifici volti allo studio dei fenomeni ed alla definizione più puntuale delle condizioni di rischio, oltre alle iniziative volte alla creazione di un efficace sistema di allertamento e di sorveglianza dei fenomeni e alla messa a punto di una pianificazione di emergenza volta a coordinare in modo efficace la risposta delle istituzioni agli eventi. In questo contesto gli studi su validi approcci metodologici per l’analisi e la valutazione del rischio possono fornire un supporto al processo decisionale delle autorità preposte alla gestione del territorio, identificando gli scenari di rischio e le possibili strategie di mitigazione, e individuando la soluzione migliore in termini di accettabilità sociale e convenienza economica. Nel presente elaborato si vuole descrivere i temi relativi alla valutazione della pericolosità, del rischio e della sua gestione, con particolare attenzione ai fenomeni di instabilità dei versanti e nello specifico ai fenomeni di crollo da pareti rocciose che interessano il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Il fenomeno della caduta massi infatti è comunemente diffuso in tutte le regioni di montagna e lungo le falesie costiere, ed in funzione dell’elevata velocità con cui si manifesta può costituire una costante fonte di pericolo per le vite, i beni e le attività umane in zone generalmente molto attive dal punto di vista del turismo e delle grandi vie di comunicazione. Il territorio della Provincia Autonoma di Bolzano è fortemente interessato da questo problema, sia per la morfologia montuosa della provincia che per le infrastrutture che sempre più occupano zone di territorio un tempo poco urbanizzate. Al fine di pervenire ad una legittima programmazione delle attività di previsione e prevenzione, il Dipartimento dei Lavori Pubblici della Provincia, ha scelto di utilizzare una strategia che prevedesse un insieme di attività dirette allo studio ed alla determinazione delle cause dei fenomeni calamitosi, alla identificazione dei rischi, ed alla determinazione delle zone del territorio soggette ai rischi stessi. E’ nato così, con l’operatività dell’Ufficio Geologia e Prove Materiali, il supporto del Dipartimento Opere Pubbliche e della Ripartizione Protezione Civile e la collaborazione scientifica del DISTART – Università degli Studi di Bologna, Alma Mater Studiorum, il progetto VISO che riguarda i pericoli generati da frane di crollo, ribaltamento, scivolamento di porzioni di pareti rocciose e caduta massi. Il progetto ha come scopo la valutazione del pericolo, della vulnerabilità e del rischio e dell’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo la strada statale del Brennero. Il presente elaborato mostra l’iter per l’individuazione del rischio specifico che caratterizza un particolare tratto stradale, così come è stato pensato dalla Provincia Autonoma di Bolzano all’interno di una strategia di previsione e prevenzione, basata su metodi il più possibile oggettivi, ed estesa all’intera rete stradale di competenza provinciale. Si esamina l’uso di metodologie diverse per calcolare l’intensità di un fenomeno franoso che potrebbe potenzialmente svilupparsi su un versante e si osserva in che modo la presenza di opere di protezione passiva influisce sull’analisi di pericolosità. Nel primo capitolo viene presentata una panoramica sui fenomeni di crollo descrivendo i fattori principali che li originano e gli interventi di protezione posti a difesa del versante. Si esaminano brevemente le tipologie di intervento, classificate in opere attive e passive, con particolare attenzione alle barriere paramassi., che si collocano tra gli interventi di difesa passivi e che stanno diventando il tipo di intervento più frequentemente utilizzato. Nel capitolo vengono descritte dal punto di vista progettuale, prendendo in esame anche la normativa di riferimento nonché le nuove linee guida per la certificazione CE delle barriere, nate negli ultimi anni per portare ad una facile comparabilità dei vari prodotti sottoposti ad impatti normalizzati, definendo con chiarezza i livelli energetici ai quali possono essere utilizzati i vari prodotti e, nel contempo, fornendo informazioni assolutamente indispensabili per la buona progettazione degli stessi. Nel capitolo successivo si prendono in esame i temi relativi alla valutazione della pericolosità e del rischio, l’iter procedurale di analisi del rischio adottato dalla Provincia Autonoma di Bolzano in relazione alle frane da crollo che investono le strade della rete provinciale ed in particolare viene descritto il progetto VISO (Viability Information Operating System), nato allo scopo di implementare un catasto informatizzato che raccolga indicazioni sul patrimonio delle opere di protezione contro la caduta massi e di rilevare e valutare il pericolo, la vulnerabilità, il rischio e l’effettiva funzionalità delle opere di protezione contro la caduta massi lungo le strade statali e provinciali. All’interno dello stesso capitolo si espone come, nell’ambito del progetto VISO e grazie alla nascita del progetto europeo Paramount ” (Improved accessibility reliability and safety of Alpine tran sport infrastructure related to mountainous hazard in a changing climate) si è provveduto, con l’aiuto di una collega del corso di laurea, a raccogliere i dati relativi all’installazione delle barriere paramassi sul territorio della Provincia Autonoma di Bolzano. Grazie ad un’analisi di archivio effettuata all’interno delle diverse sedi del servizio strade della Provincia Autonoma di Bolzano, si è presa visione (laddove presenti) delle schede tecniche delle barriere collocate sul territorio, si sono integrati i dettagli costruttivi contattando le principali ditte fornitrici e si è proceduto con una classificazione delle opere, identificando alcuni modelli di “barriere-tipo che sono stati inseriti nel database PARAMOUNT, già creato per il progetto VISO. Si è proseguito associando a tali modelli le barriere provviste di documentazione fotografica rilevate in precedenza dall’istituto di Geologia della Provincia Autonoma di Bolzano e inserite in VISO e si è valutata la corrispondenza dei modelli creati, andando a verificare sul posto che le barriere presenti sul territorio ed inserite nel database (tramite modello), effettivamente coincidessero, nelle misure e per le caratteristiche geometrico-costruttive, ai modelli a cui erano state associate. Inoltre sono stati considerati i danni tipici a cui può essere soggetta una barriera paramassi durante il suo periodo di esercizio poiché tali difetti andranno ad incidere sulla valutazione dell’utilità del sistema di difesa e di conseguenza sulla valutazione della pericolosità del versante(H*). Nel terzo capitolo si è esposta una possibile integrazione, mediante il software di calcolo RocFall, della procedura di valutazione dell’analisi di pericolosità di un versante utilizzata nell’ambito del progetto VISO e già analizzata in dettaglio nel secondo capitolo. Il software RocFall utilizza un metodo lumped mass su schema bidimensionale basato su ipotesi semplificative e consente di effettuare simulazioni probabilistiche di fenomeni di caduta massi, offrendo importanti informazioni sull’energia che si sviluppa durante il crollo, sulle velocità raggiunte e sulle altezze di rimbalzo lungo tutto il versante considerato, nonché sulla distanza di arresto dei singoli massi. Si sono realizzati dei profili-tipo da associare al versante, considerando il pendio suddiviso in tre parti : parete verticale (H = 100 m) lungo la quale si sviluppa il movimento franoso; pendio di altezza H = 100 m e angolo pari ai quattro valori medi della pendenza indicati nella scheda di campagna; strada (L = 10 m). Utilizzando il software Cad si sono realizzati 16 profili associando la pendenza media del versante a 4 morfologie individuate grazie all’esperienza dell’Istituto di Geologia e Prove materiali della Provincia Autonoma di Bolzano; si è proceduto importando tali profili in RocFall dove sono state aggiunte informazioni riguardanti la massa del blocco e l’uso del suolo, ottenendo 256 profili-tipo ai quali è stata associata una sigla definita come segue : morfologia (1, 2, 3, 4) _ pendenza (37, 53, 67, 83 gradi) _ uso del suolo (A, B, C, D) _ massa (a,b,c,d). Fissando i parametri corrispondenti al peso del masso ( inserito al solo scopo di calcolare la velocità rotazionale e l’energia cinetica ) e considerando, per ogni simulazione, un numero di traiettorie possibili pari a 1000, avendo osservato che all’aumentare di tale numero (purchè sufficientemente elevato) non si riscontrano variazioni sostanziali nei risultati dell’analisi, si è valutato come i parametri uso del suolo (A;B;C;D), morfologia (1;2;3;4) e pendenza (37°;53°;67°;83°) incidano sulla variazione di energia cinetica, di altezza di rimbalzo e sulla percentuale di massi che raggiunge la strada, scegliendo come punto di riferimento il punto di intersezione tra il pendio e la strada. Al fine di realizzare un confronto tra un profilo reale e un profilo-tipo, sono stati utilizzati 4 profili posti su un versante situato nel Comune di Laives, noto per le frequenti cadute di massi che hanno raggiunto in molti casi la strada. Tali profili sono stati visionati in sede di sopralluogo dove si è provveduto alla compilazione delle schede di campagna (impiegate per valutare l’intensità del fenomeno che potenzialmente si sviluppa dal versante) e all’individuazione dei profili-tipo corrispondenti. Sono state effettuate analisi di simulazione per entrambe le tipologie di profilo, e sono stati confrontati i risultati ottenuti in termini di Energia cinetica; altezza di rimbalzo e percentuale dei blocchi in corrispondenza della strada. I profili reali sono stati importati in RocFal in seguito ad estrapolazione dal modello digitale del terreno (ottenuto da analisi con Laser Scanner) utilizzando l’ estensione Easy Profiler nel software Arcmap. Infine si è valutata la possibilità di collocare eventuali barriere paramassi su un profilo reale, si è proceduto effettuando una analisi di simulazione di caduta massi in RocFall, importando in excel i valori corrispondenti all’andamento dei massimi dell’Energia cinetica e dell’altezza di rimbalzo lungo il pendio che forniscono una buona indicazione circa l´idonea ubicazione delle opere di protezione.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Questo elaborato presenta un metodo per lo sviluppo di correlazioni lineari con lo scopo di determinare le proprietà meccaniche di un acciaio laminato e zincato utilizzando un sensore che percepisce la magnetizzazione residua del materiale. Vengono utilizzati metodi statistici di analisi della varianza per lo studio delle funzioni di regressione lineari. Lo studio effettuato è stato sviluppato per la lavorazione di zincatura di coils presso Marcegaglia spa, stabilimento di Ravenna. È risultato evidente che la sola misurazione della magnetizzazione residua non fosse sufficiente per la determinazione delle proprietà meccaniche, a tale proposito sono stati sviluppati dei modelli di calcolo con funzioni multivariabili e, attraverso risolutori che minimizzano la differenza quadratica dell'errore, si sono determinati i coefficienti di regressione. Una delle principali problematiche riscontrate per la definizione delle correlazioni è stato il reperimento dei dati necessari per considerare affidabili i risultati ottenuti. Si sono infatti analizzate solamente le famiglie di materiale più numerose. Sono stati sviluppati tre modelli di calcolo differenti per parametri di processo di produzione utilizzati per la definizione delle correlazioni. Sono stati confrontati gli errori percentuali medi commessi dalle funzioni, gli indici di regressione che indicano la qualità della correlazione e i valori di significatività di ogni singolo coefficiente di regressione delle variabili. Si è dimostrato che la magnetizzazione residua influisce notevolmente, così come i parametri dei processo di ricottura del materiale, come le temperature in forno, lo spessore e le velocità. Questo modello di calcolo è stato utilizzato direttamente in linea per lo sviluppo di un ciclo ottimale per la produzione di un nuovo materiale bifasico. Utilizzando il modello per la predizione delle proprietà meccaniche si è concluso che per limiti impiantistici la chimica del materiale utilizzata non fosse idonea. Si è perciò utilizzato un acciaio con percentuali di carbonio, manganese e cromo differenti. In conclusione del progetto si sono formulate delle possibili alternative di funzioni di regressione che utilizzano il valore della durezza piuttosto che il valore di magnetizzazione residua. Si è appurato che l'utilizzo di un durometro, anziché il sensore studiato, potrebbe risultare una valida alternativa al sensore studiato.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

A partire dal 2010 la Commissione Europea ha compilato una lista di 20 materie prime ritenute “critiche” per importanza economica e rischio di approvvigionamento, per le quali è fondamentale la ricerca di possibili fonti alternative nel territorio europeo, poiché i maggiori produttori sono tutti paesi extra-europei. Dati questi presupposti, 20 campioni di fango marino, dragati nelle adiacenze di seamounts del Tirreno sud-orientale, sono stati analizzati per mezzo di XRF, al fine di trovare arricchimenti in elementi critici quali cromo, cobalto, gallio, niobio e alcuni elementi delle Terre Rare (lantanio, cerio, neodimio, samario, ittrio). I fanghi, talvolta con frazione sabbiosa più abbondante, sono stati dapprima divisi in base al colore in fanghi marroni e grigi e fanghi di colore bianco, rosso o arancio; presentano anche inclusi di diverso tipo, quali frammenti di conchiglie, noduli neri o bruno-arancio, croste bruno-nere o bruno-arancio. Dalle analisi chimiche è risultato che campioni più ricchi in CaO hanno un contenuto minore negli elementi ricercati, al contrario dei campioni ricchi in ossidi di Si, Ti, Al, Fe. Confrontando inoltre i campioni con i valori medi di composizione della crosta terrestre superiore, essi risultano più ricchi in REY e meno in Co, Cr, Ga, Nb, mentre sono sempre più arricchiti della composizione media dei sedimenti marini. Dalle analisi mineralogiche risulta che i fanghi contengono generalmente quarzo, calcite, feldspati in piccole quantità e fillosilicati. Infine, analisi XRD e SEM-EDS sui noduli neri hanno dimostrato che si tratta di todorokite, un ossido idrato di Mn, con tenori variabili di Na, K, Ca, Mg, dalla forma globosa con microstruttura interna fibroso-raggiata. Si ritiene quindi che fanghi ricchi in CaCO3, probabilmente bioderivato, non siano l’obiettivo più adatto per la ricerca di elementi critici, mentre potrebbero esserlo fanghi più ricchi in Si, Al, Fe, K, che hanno maggiori concentrazioni di tali elementi.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

In questa analisi si cercherà di comprendere cosa caratterizza questa l'ondata di progresso tecnologico che sta cambiando il mercato del lavoro. Il principale aspetto negativo di questo progresso si chiama "Technological Unemployment". Benché gli esperti si trovino in disaccordo su quali siano le cause della persistente alta disoccupazione, Brynjolfsson e McAfee puntano il dito contro l'automazione che ha soppiantato i lavori ripetitivi delle aziende. Tuttavia, è anche vero che il progresso ha sempre portato aumenti di produttività, e soprattutto nuovi tipi di occupazioni che hanno compensato la perdita di posti di lavoro, nel medio-lungo termine. Keynes evidenzia che la disoccupazione dovuta alla scoperta di strumenti economizzatori di manodopera procede con ritmo più rapido di quello con cui riusciamo a trovare nuovi impieghi per la manodopera stessa. Da ciò si crea ansia per il futuro, più o meno motivata. Gli stessi esperti sono spaccati a metà tra chi ha fiducia nei possibili risvolti positivi del progresso e chi invece teme possa comportare scenari catastrofici. Le macchine ci rubano lavoro o ci liberano da esso? Con questa ricerca ci si pone l'obiettivo di analizzare le effettive prospettive dei prossimi decenni. Nel capitolo 2 che è il corpo della tesi prenderemo soprattutto in conto il lavoro accademico di Frey ed Osborne dell'Oxford Martin School, intitolato "The future of employment: how susceptible are jobs to computerisation?" (2013). Essi sono stati tra i primi a studiare e quantificare cosa comporteranno le nuove tecnologie in termini di impiego. Il loro obiettivo era individuare le occupazioni a rischio, da qui a vent'anni, nel mercato del lavoro degli Stati Uniti e la relazione che intercorre tra la loro probabilità di essere computerizzati e i loro salari e livello d'istruzione medi, il tutto valutato attraverso l'ausilio di una nuova metodologia che si vedrà nel dettaglio. A conclusioni simili alle loro, per certi aspetti, è successivamente giunto anche Autor; tra l'altro viene spesso citato per altre sue opere dagli stessi Frey e Osborne, che usano le sue categorizzazioni per impostare la struttura del loro calcolo dell'automatizzabilità dei lavori utilizzando i recenti miglioramenti nelle scienze ingegneristiche quali ML (Machine Learning ad esempio Data mining, Machine vision, Computational statistics o più in generale AI) e MR (Mobile robotics) come strumenti di valutazione. Oltre alle sue ricerche, si presenteranno brevemente i risultati di un recente sondaggio tenuto dal Pew Research Center in cui importanti figure dell'informatica e dell'economia esprimono il loro giudizio sul futuro panorama del mondo del lavoro, considerando l'imminente ondata di innovazioni tecnologiche. La tesi si conclude con un'elaborazione personale. In questo modo si prenderà coscienza dei problemi concreti che il progresso tecnologico potrebbe procurare, ma anche dei suoi aspetti positivi.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Descrizione del lavoro svolto nella modellazione zero-dimensionale e ai valori medi di un motopropulsore. Lo scopo finale del modello è un funzionamento HIL.

Relevância:

30.00% 30.00%

Publicador:

Resumo:

Il Massiccio del Cansiglio-Monte Cavallo costituisce uno dei maggiori complessi carsici italiani; con questo lavoro si cerca di fornirne una caratterizzazione idrogeologica sulla quale poter basare una futura prova di tracciamento multiplo, al fine di definirne con precisione la configurazione interna. Lo studio è incentrato sul monitoraggio in continuo di portate, temperature e conducibilità elettrica compensata a 25 °C delle tre sorgenti maggiori del fiume Livenza, che sgorgano alla base del Massiccio, e su un monitoraggio idrochimico discontinuo di nove sorgenti (tra cui figurano anche le tre principali) e di quattro grotte rappresentanti le aree di infiltrazione concentrata. L’enorme volume d’acqua contenuto in questo grande acquifero carsico sembra riversarsi quasi completamente nelle aree sorgive situate al margine occidentale della pianura friulana, che cinge il lato orientale del Massiccio. In linea generale, queste acque, tipicamente carbonatiche, non hanno tempi di residenza lunghi all’interno del bacino di provenienza e fluiscono con portate elevate (> 1 m3/s) da ognuna delle tre sorgenti maggiori; nel periodo estivo (luglio-agosto) si registra una fase di svuotamento, assai accentuata al Gorgazzo, sorgente, tra le tre, posta più a nord. Molinetto, situata più a sud, pare differenziarsi maggiormente dalle altre due grandi sorgenti, Santissima e Gorgazzo, mentre le sorgenti minori sembrano, al di là di alcune caratteristiche peculiari, abbastanza simili tra loro. In particolare, il Molinetto mostra, in risposta agli eventi meteorici intensi, un incremento di portata meno netto, accompagnato da un evidente fenomeno di pistonaggio, almeno durante il periodo di morbida. Al contrario, il Gorgazzo risponde immediatamente alle forti precipitazioni piovose e le acque di pioggia viaggiano rapidamente dalla zona di infiltrazione alla sorgente stessa. La Santissima, sorgente con valori medi di portata maggiori e valori di conducibilità elettrica e temperatura mediamente inferiori alle altre, sembra dipendere da un sistema con caratteristiche intermedie tra quelle delle due sorgenti adiacenti. Emerge la complessità di questo vasto sistema carsico che sembra mostrare un grado di carsificazione in aumento da sud-ovest a nord-est. Sulla base dei dati raccolti si suppone che al suo interno possano svilupparsi due sottosistemi: il primo sembra che riversi la sua riserva idrica nelle sorgenti Molinetto e Santissima, il secondo accomuna invece la Santissima con il Gorgazzo, il quale ne costituisce un “troppo pieno”.